| Ibra-Robinho, troppa esaltazione
Ce l’ho con… l’esaltazione quasi unanime per gli arrivi di Ibrahimovic e Robinho al Milan. Intendiamoci, per il nostro movimento calcio è tutta manna, con loro le distanze tra Inter e Milan si sono accorciate (anzi, c’è chi adesso vede favoriti i rossoneri). Due grandissimi giocatori, quasi superfluo ripeterlo: Ibra lo conosciamo bene, un mix di tecnica e potenza che fa vincere gli scudetti (sul campo, sette su sette nelle ultime sette stagioni: Ajax, Juve, Inter e Barcellona) anche se non regala grandi soddisfazioni in Europa; Robinho è un vero spasso per gli occhi, un talentuoso che diverte. Due grandissimimi, ma anche… due scarti. Perché Ibra torna in Italia dopo una stagione che lo ha visto comprimario in un Barça che nel 2010 non ha saputo ripetere i trionfi internazionali del 2009 e, con l’arrivo di David Villa, Zlatan era scivolato al quinto posto nelle gerarchie di Guardiola, dietro allo stesso Villa, a Messi, a Pedro e a Bojan Krkic. E perché Robinho torna in Europa dal Santos (e da una Seleçao intristita dal mondiale sudafricano) con alle spalle due mezzi fallimenti, complici anche un paio di gravi infortuni: nel Real Madrid prima e nel Manchester City poi.
Starà ad Allegri rivitalizzare due campioni scivolati un po’ nell’ombra e per questo deprezzati sul mercato. Bene ha fatto il Milan a scommetterci su. Ma, come ha ricordato nei giorni scorsi anche Arrigo Sacchi, c’era una volta il Milan che andava a pescare Van Basten a 23 anni e, solo poco tempo fa, Kakà a 21. Altri tempi e altro mercato, ma Van Basten e Kakà erano giovani promesse ancora poco conosciute a livello internazionale. Che diventarono campionissimi nel Milan (di Sacchi e Ancelotti). Quelle sì, scommesse vinte. Un Ibra che vuole tornare protagonista a 29 anni e un Robinho che a 26 cerca di riscattare le precedenti negative esperienze europee sono scommesse con un maggior margine di rischio. In bocca al lupo.
Sportmediaset
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